29 Mar Tra parole antiche. Serena Di Gregorio con “Noi Tre” per i Giovedì Rossettiani 2019
GIOVEDI ROSSETTIANI 2019
Le Voci delle sera
NarraTeatro
Tra parole antiche.
Serena Di Gregorio con “Noi Tre” per i Giovedì Rossettiani 2019
Nel suo giudizio a Le voci della sera di Natalia Ginzburg, Italo Calvino così scriveva: “È una storia di persone che cercano di sotterrare i pensieri, d’identificarsi soltanto nei gesti che compiono e nelle parole che dicono e finiscono per ritrovarsi strette in una morsa di assurdità e dolore”.
Perché Natalia Ginzburg in uno dei suoi romanzi più celebri vincitore del premio Strega nel 1963, che ha ispirato il titolo di questa fortunata rassegna, racchiude il senso delle storie familiari: i pettegolezzi, il battibeccare continuo, le curiosità, il vuoto, l’assenza di sentimenti autentici. I suoi personaggi finiscono per chiudersi in loro stessi e confidano in speranze vane, quelle del matrimonio o del rimpianto. Gli anziani e i giovani a confronto generazionale giocano la loro partita ad armi impari: chi vanta un’esperienza decennale, chi si nasconde dietro false promesse, chi attende di raccogliere frutti maturi. La famiglia e l’imprescindibile aderenza al vero, alla realtà che prorompe sono le cifre inconfondibili della scrittrice di Lessico familiare che ha voluto consegnarci una poetica della parola senza precedenti.
La Ginzburg rivive idealmente a teatro Rossetti nella trasposizione teatrale di Paolo Verlengia e nella polifonia dei personaggi a cui ha dato voce Serena Di Gregorio, protagonista assoluta della terza serata dei “Giovedì Rossettiani 2019”. In lei si nascondono tante anime, tanti personaggi, tante voci.
«Noi siamo cinque fratelli. Abitiamo in città diverse, alcuni di noi stanno all’estero: e non ci scriviamo spesso. Quando ci incontriamo, possiamo essere, l’uno con l’altro, indifferenti o distratti. Ma basta, fra noi, una parola. Basta una parola, una frase: una di quelle frasi antiche, sentite e ripetute infinite volte, nel tempo della nostra infanzia. Una di quelle frasi o parole, ci farebbe riconoscere l’uno con l’altro, noi fratelli, nel buio d’una grotta, fra milioni di persone».
Ed è nei dialoghi che si infittiscono nelle serate di Elsa e Tommasino, tra le mura di casa Ballotta o attraverso le sorelle Bottiglia, che la Ginzburg scatta un’istantanea di un’epoca. Più lieve e lieto si fa il tono, maggiori sono lo strazio e lo sconforto, insieme al frantumarsi delle occasioni di vita possibili tra gli occhi e le parole della protagonista che si fa bastare un amore relegato in una stanza d’albergo: «Avevo immaginato tutto con troppa chiarezza […] con una tale precisione, fino ai minimi particolari. E quando si vedono le cose future con tanta chiarezza, come se stessero già succedendo, allora è segno che non devono succedere mai».
Una performance che lascia stupito il pubblico di Vasto per la capacità della Di Gregorio di passare da un ruolo all’altro, di vestire i panni di più personaggi contemporaneamente e filtrare le cadenze della frase, i tic, gli accenti di provincia. Un cambio continuo di punti di vista in cui lo spettatore può perdersi o ritrovare il sapore delle vecchie saghe di famiglia, quando nelle sere d’inverno mentre i giovani parlottavano, i vecchi dormivano davanti al camino.